La prospettiva dell'America del Nord

Come stanno gestendo le loro supply chain le aziende più colpite dalla pandemia?

Una crisi tende a esporre le problematiche che in precedenza sfuggivano all’attenzione, orientando le azioni immediate e le strategie future: l’attuale pandemia di COVID-19 ha dato maggiore priorità alla resilienza della supply chain nei piani delle aziende. Ma in quale ambito le aziende sembrano averne risentito maggiormente? 

L’impatto del COVID-19 sulle supply chain varia in larga misura: soprattutto tra un settore e l’altro, ma anche tra aree geografiche. Il recente ViewPoint di DNV sulla resilienza delle supply chain ha riscontrato che le aziende del Nord America appaiono colpite in maniera particolarmente intensa. Alla domanda sulle discontinuità che la pandemia ha causato alle supply chain, il 66,7% ha dichiarato di aver sperimentato questo problema: 10 punti percentuali in più rispetto alla media. Le percentuali sono più elevate per tutte le singole discontinuità, ad eccezione delle limitazioni al commercio internazionale (14,8% rispetto a una media del 24,3%). Le percentuali sono significativamente più elevate per tre eventi in particolare: ritardi nelle forniture (61,1% contro 44,6%), una generale carenza nella disponibilità di materiali o servizi (40,7% rispetto a 22,8%), e la chiusura o fallimento dei fornitori (20,4% contro 11,2%). Anche se i commerci internazionali non sembrano aver subito un contraccolpo troppo forte, in Nord America le catene di fornitura delle aziende sono state senza dubbio colpite da diverse discontinuità.

Non sorprende quindi che in Nord America le imprese segnalino impatti negativi con percentuali più elevate. In particolare, ha riscontrato un calo nelle vendite il 64,8% di esse, rispetto al 56,4% in media. Il 48,1%, inoltre, contro una media del 34,8%, ha segnalato un incremento dei costi operativi mentre il 42,6%, rispetto al 24.3% del campione, ha riscontrato problemi nella quantità e disponibilità di manodopera. Soltanto l’11,1%, contro il 24,9% in media, non ha segnalato conseguenze significative.

Un fattore che potrebbe essere entrato in gioco è l’intensità con cui il COVID-19 ha colpito il Nord America. Alla domanda sui maggiori rischi per la supply chain, le aziende della regione assegnano i punteggi più elevati a epidemia/pandemia (50%) e disastri naturali (46,3%), differenziandosi dalla media del campione, per la quale i principali rischi percepiti sono la carenza di manodopera e competenze, la volatilità dei mercati e gli shock sui prezzi, oltre alla qualità del prodotto e le problematiche di sicurezza (richiami).

In Nord America, le aziende si sono attivate per mitigare i rischi individuati e attuare una gamma di azioni. Spiccano, in particolare, la richiesta ai fornitori di trasmettere informazioni (61,1%, 16,9 punti percentuali sopra la media) e l’ampliamento e diversificazione del parco fornitori (48,1%, 14,6 punti percentuali sopra la media). Tre altre azioni, fanno registrare punteggi significativamente più elevati rispetto alla media: comunicazione delle aspettative e delle specifiche, sostituzione dei fornitori, e insourcing all’interno dell’azienda di determinate attività.

Tra i fattori atti a preservare la continuità, in Nord America le aziende indicano lead-time e scadenze di consegna più favorevoli con un’incidenza superare alla media (38,9% contro 31,4%). Questo indica che intendono da un lato continuare a collaborare con i fornitori esistenti e, dall’altro, assicurarsi di poter contare su delle alternative.

L’impatto di questi fattori sarà duraturo? È ancora troppo presto per prevedere le conseguenze di quella che rimane, per ora, una situazione di incertezza destinata a prolungarsi. È possibile però individuare uno specifico cambiamento che un gran numero di aziende del Nord America intende attuare: il 68,5% di esse, infatti, rispetto al 57,3% medio, intende ricercare fornitori alternativi nei prossimi 3-5 anni, un dato che sembra confermare la diversificazione come una possibile strategia.

In una situazione così fuori dal comune, le aziende che presentano supply chain internazionali complesse sono più esposte. Quelle del Nord America, in particolare, potrebbero risentire in parte dell’impatto sui trasporti e la logistica internazionali. Resta da vedere se le previsioni di un “reshoring” dei fornitori – ricorso a fornitori del territorio – causato dalla pandemia si tradurranno in un effetto a lungo termine. L’indagine indica comunque che le aziende del Nord America stanno consolidando il loro approccio lungo un triplice percorso: innanzitutto collaborando con i fornitori esistenti, poi diversificandoli e infine – ma con una minore incidenza – ricorrendo all’insourcing come terza tattica. Questo approccio potrebbe contribuire a mitigare molteplici rischi, mettendo a disposizione più fonti di supporto in caso di prolungamento di questa pandemia o della comparsa di un’altra di natura simile, impossibile da prevedere al momento.